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Funzionamento degli impianti e delle apparecchiature nel ciclo produttivo

La fotounità: fotounità CTF e CTP nel processo lito-offset

Gli acronimi CTF e CTP stanno a significare, rispettivamente, Computer To Film e Computer To Plate, ad indicare sia una fotounità, sia un flusso di lavoro, che espone direttamente, a partire dal flusso di dati generati dal RIP, una pellicola fotografica o una lastra lito-offset (o un cliché flessografico).

Negli ultimi anni la tecnologia CTP ha decisamente sorpassato la tecnologia CTF, in quanto permette di arrivare alla forma da stampa con un passaggio in meno.

La fotounità CTF infatti produce una pellicola fotografica che dovrà essere successivamente sovrapposta, ed esposta, nel torchio espositore, a una lastra fotosensibile.

La fotounità CTP invece produce direttamente la lastra: il vantaggio in termini di produttività, e di diminuzione delle possibilità di errori, e quindi di scarti è evidente.

Il problema principale della tecnologia CTP è però che, a fronte di cospicui investimenti, un'azienda si trova ad utilizzare una tecnologia più chiusa, se non addirittura "proprietaria": ossia con una certa fotounità CTP si è obbligati ad utilizzare uno specifico tipo di lastra.

La tecnologia CTF da questo punto di vista è più flessibile.

Il principio generale di funzionamento di una fotounità (o fotosetter) CTF o CTP è sostanzilmente lo stesso: tanto la pellicola, quanto la lastra ,vengono esposte da una sorgente laser punto per punto, mediante un processo di "scansione" della pellicola o della lastra.

Il RIP comanda l'accensione e lo spegnimento del laser (o, con alcuni tipi di laser che non possono essere accesi e spenti in rapida successione, il passaggio e l'ostruzione del passaggio del raggio laser per mezzo di un modulatore di tipo AOM [Acousto-Optic Modulator]), che così espone la pellicola o la lastra punto per punto.

Schema generale di una fotounità flatbed: il laser esplora la pellicola o la lastra punto per punto: espone prima la linea A1-B1 accendendosi in corrispondenza del grafismo (o del contrografismo a seconda delle caratteristiche della pellicola o della fotounità), poi ritorna (spento) al punto A2 e espone la linea A2-B2. Ogni linea ha lo spessore di un pixel generato dal RIP.

Il laser (acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) è un dispositivo che produce una radiazione elettromagnetica nel campo del visibile, o in prossimità del campo del visibile (IR o UV) che ha la proprietà di essere collimata, ossia costituita da fasci paralleli che pertanto possono essere mantenuti focalizzati su superfici molto piccole indipendentemente dalla distanza su cui viene proiettata.

Un'altra proprietà è quella di essere in grado di trasferire anche potenze molto elevate (il laser viene utilizzato anche per il taglio di diversi materiali).

Con il termine laser si intende sia il dispositivo che produce la radiazione, sia la radiazione stessa (raggio laser).

I laser possono essere monocromatici o essere in grado di emettere contemporaneamente su diverse lunghezze d'onda.

Nelle fotounità CTF si usano in genere laser a luce visibile o UV, nelle fotounità CTP si usano laser a luce visibile, UV o IR.

Concentrando il discorso sui CTP si utilizzano lastre classificate per:

Il grafismo nelle forme da stampa lito-offset è sempre lipofilo, mentre il contrografismo è o idrofilo (nelle lastre che necessitano di bagnatura) o direttamente liporepellente (nelle lastre waterless), per cui in grado di rifiutare l'inchiostro, che è a base grassa, senza necessità di essere inumidito

Sebbene le tecnologie siano diverse e in continua evoluzione, vengono utilizzati:

L'esposizione muta la natura della superficie colpita in modo differente a seconda del tipo di lastra. In tutti i tipi di lastra si ha comunque che al termine dell'esposizione e dell'eventuale successivo sviluppo rimangono i grafismi lipofili e i contrografismi idrofili o liporepellenti (per le waterless).

In linea di principio generale  si può schematizzare come segue:

lastre negative: le zone esposte corrispondono ai grafismi
fase: con sviluppo, ablative e processless lastre waterless
esposizione indurimento strato lipofilo (grafismo) distacco dello strato liporepellente
sviluppo asportazione mediante sviluppo (l. con sviluppo),  ablazione (l. ablative) o trasferimento sui rulli bagnatori (l. processless) delle parti non esposte e conseguente messa a nudo dell'alluminio idrofilo asportazione dello strato di silicone liporellente e conseguente messa a nudo dello strato polimerico lipofilo


lastre positive: le zone esposte corrispondono ai contrografismi
fase: con sviluppo, ablative e processless
esposizione solubilizzazione o distacco dello strato lipofilo (grafismo)
sviluppo asportazione mediante sviluppo (l. con sviluppo),  ablazione (l. ablative) o trasferimento sui rulli bagnatori (l. processless) delle parti esposte e conseguente messa a nudo dell'alluminio idrofilo



Schema della formatura delle lastre CTP (attenzione! sono tutte forme planografiche: non tragga in inganno la presenza, nel disegno, a solo scopo schematico, di "incavi" o "rilievi". Gli stati superficiali hanno spessore di pochi µm)

Ogni fotounità CTP richiede pertanto le sue specifiche lastre. Attualmente si stanno maggiormente affermando i CTP (e quindi le lastre) di tipo termico processless.

Le fotounità possono avere architettura di tipo:
La fotounità mostrata nello schema dell'illustrazione precedente è una fotounità di tipo "flatbed", ossia la lastra rimane ferma mentre si sposta il raggio laser che su di essa incide. Questo può avvenire sia muovendo il generatore del raggio laser, sia deviando il raggio per mezzo di specchi o prismi ruotanti.

Le fotounità a tamburo esterno devono il loro nome al fatto che la lastra (o la pellicola) viene avvolta esternamente attorno a un tamburo. L'esposizione punto per punto avviene mediante la contemporanea rotazione del cilindro e il movimento del raggio laser lungo una traiettoria parallela all'asse del cilindro: l'esposizione avviene lungo una curva tridimensionale che è un'elica cilindrica. Quando la lastra esposta verrà tolta dalla fotounità e stesa su un piano risulterà esposta lungo una serie di linee parallele.

Le fotounità a tamburo interno invece devono il loro nome al fatto che la lastra (o la pellicola) viene adagiata internamente a un tamburo cavo. Durante tutta la fase di esposizione la lastra rimane immobile, mentre il raggio laser, grazie a uno specchio posto sull'asse del cilindro che contemporaneamente si muove lungo l'asse e ruota su se stesso mantenendo un inclinazione a 45° rispetto all'asse stesso. In questo modo il raggio laser espone dall'interno l'intera lastra (o pellicola). Anche in questo caso quando la lastra esposta verrà tolta dalla fotounità e stesa su un piano risulterà esposta lungo una serie di linee parallele.

Le fotounità a tamburo interno risultano intrinsecamente più precise per il fatto che la lastra (o il film) rimane immobile. La loro maggior complessità ne determina però il costo più elevato.


La risoluzione della fotounità in direzione assiale (nel senso del lato maggiore della lastra) può essere aumentata diminuendo la velocità di traslazione assiale del laser (e quindi avvicinando le "spire" della scansione.

La risoluzione in direzione tangenziale  (nel senso del lato minore della lastra) può essere aumentata rallentando la velocità di rotazione del tamburo (o dello specchio rotante).

È pertanto evidente che alte risoluzioni comportano tempi di esposizione più lunghi.

Il limite massimo sarà comunque legato alla precisione e alla rigidità ottenibile nel movimento delle varie parti.

Laser (o dispositivi AOM) con alta frequenza di accensione/spegnimento permettono di abbreviare i tempi di esposizione.


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Livio Colombo
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